Lord Plouche viaggiava ormai da giorni, ansioso di portare a termine l'arduo compito affidatogli dalla regina Matilde.
La mattina in cui arrivò a Steamware pensò che una città così strana non l'aveva mai vista, ma non ci fece molto caso. Non faceva mai caso alle cose strane: capitavano così di frequente in quel flebile mondo antico.
Il nostro si stava appropinquando a Stearlcastle, la sede della contea, quando si imbatté nell'arcivescovo Werran: il suo sguardo freddo lo colpì come un fulmine, e lord Plouche capì subito che sospettava qualcosa. D'altronde Werran non era certo nuovo a quel genere di intrallazzi: fu, infatti, con una sporca manovra che si impadronì della soglia arcivescovile. Plouche ricambiò il suo sguardo per un attimo; Werran nella sua veste nera appariva più tetro del solito: il viso magro e tirato nei suoi lineamenti duri e definiti; la pelle bianchissima e i capelli scuri pettinati maniacalmente sotto al classico copricapo arcivescovile: un triangolo rosso porpora parallelo alla testa sul quale levitava una sferetta metallica lucidissima. Ma Plouche non ci fece caso.
L'arcivescovo esordi: <<Lord Plouche, vedo che non hai perso l'occasione per essere presente. Hai deciso di non mancare.>>
<<Matilde mi ha inviato personalmente,>> si affrettò a ribattere Plouche.
<<Oh, già, tutti a suo tempo fummo inviati da una regina, solo i secoli cambiano. Ma non è questo che mi preme, e tu lo sai, io parlavo del paradosso meteorologico.>>
<<Il paradosso meteorologico – fece Plouche preoccupato – sì, il paradosso meteorologico...>>
<<Esatto, il paradosso meteorologico.>>
<<Il paradosso meteorologico?>>
<< Il paradosso meteorologico...>>
Werran si dileguò istantaneamente e Plouche non ci fece caso. Già da qualche ora non pensava più al paradosso meteorologico, la realtà era che il paradosso in quanto tale era irrisolvibile e Plouche aveva smesso di pensarci, ma ora si sentiva di nuovo in ansia e quasi dimenticava il gravoso compito che la regina Matilde aveva affidato proprio a lui.
Quel giorno faceva molto freddo, ma stranamente non c'era nebbia (come invece capita frequentemente nella nostra fantasia). C'erano invece strani riflessi viola nel cielo, e improvvisi lampi di luce diffusa verdastra, ma non davano fastidio. Plouche non ci fece molto caso.
L'incaricato reale proseguì la sua marcia verso Stearlcastle, che ormai svettava lontano all'orizzonte. Guardando il castello scorse a un certo punto la giovane contessa Galactia, erede alla contea, mentre usciva dalla porta principale. In pochi secondi questa lo raggiunse percorrendo la strada opposta alla sua, Plouche non ci fece caso.
<<Salve a te, lord Plouche, – lo salutò la giovane donna – avvertirò immediatamente mio padre del tuo arrivo.>>
<<Ti ringrazio, lady Galactia. La regina personalmente mi invia.>>
<<Tu sia il benvenuto, lord Plouche,>> augurò la contessa.
Plouche rimaneva sempre colpito dalla aspetto trascendente della giovane contessa, il suo viso pallido e definito era avvolto da gentili riccioli neri, e gli occhi verdi avevano sempre uno sguardo curioso e intelligente. Quel giorno indossava una veste dai colori rossi e viola ed era avvolta in un mantello scuro. Plouche si stupì quando notò i piedi della giovane: indossava scarpe di cristallo blù; ma quello che lo colpì di più, fu la strana evenienza del fatto che i piedi stavano a una spanna da terra e continuavano a salire nell'aere, come sostenuti e sospinti da una forza misteriosa. Plouche rimase incantato a guardare la contessa che si sollevava in volo: sul viso questa aveva una espressione indefinibile: a metà tra un sorriso e una espressione preoccupata, ma a momenti sfociava in una risata strana, scomposta e irridente. Teneva le braccia allargate rispetto al corpo e tese. La ragazza ormai stava a una decina di iarde da terra. Plouche la guardava dal basso, incantato, e sorrideva, ma non si stupì più di tanto.
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